Mistero fitto sulla sorte di Gheddafi

Dopo le dichiarazioni del Ministro Frattini dei giorni scorsi, secondo cui il Rais sarebbe in fuga nel deserto gravemente ferito, la risposta del colonnello Gheddafi non si è fatta attendere;  in maniera piccata, ha così risposto alle dichiarazioni che circolavano sul suo conto: «Dico ai vigliacchi crociati che sono in un posto dove non mi potete raggiungere e uccidere perché sono nel cuore di milioni di libici». Frattini parlando del Rais aveva citato il Vescovo di Tripoli, monsignor Innocenzo Martinelli, come fonte da cui aveva appreso le notizie, il quale lo ha prontamente smentito dichiarando: «Non ho mai affermato che Gheddafi sia stato ferito o che sia morto. Ho semplicemente detto che, dopo la morte del figlio in un raid, avrà subito turbamenti ma non ci sono segnali di un lutto. Probabilmente non è a Tripoli, la mia impressione è che sia in Libia in una zona desertica». Inoltre, dopo le smentite del Vescovo, sono arrivate anche quelle del portavoce del regime libico e del Dipartimento di Stato americano, una dopo l’altra. Dal canto suo il Ministro Frattini ha aggiunto che: «Un dato è certo: la pressione internazionale ha verosimilmente provocato la decisione da parte di Gheddafi di mettersi al riparo in un luogo più sicuro. Noi non lo sappiamo, ma c’è sicuramente un effetto che tutto questo sta provocando: la disgregazione all’interno del regime, che è quello che noi auspicavamo. Uccidere Gheddafi non è possibile perché non lo prevede il mandato della risoluzione 1.973 delle Nazioni Unite. La risoluzione non mira a singole persone e non credo che si sarebbe raggiunto l’accordo in seno al Consiglio di sicurezza se avesse previsto l’uccisione». Poi il ministro ha puntato il dito contro la politica dei migranti adottata da Tripoli come arma contro i paesi occidentali. I diversi barconi mandati verso le spiagge italiane sono stati definiti da Frattini come «uno strumento criminale che viene usato dal regime di Gheddafi per esercitare pressioni. Chiedo formalmente che questi crimini vengano considerati nel dossier che la Corte penale internazionale sta preparando sul rais libico».

Salvatore Borruto

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