L’aggressività cinese nelle rivendicazioni marittime: rischi strategici e impatto sul diritto internazionale

Una valanga di inutili e banali notizie monopolizza l’attenzione dell’opinione pubblica italiana. Invece, la notizia più rilevante proviene dall’Estremo Oriente: ma non ha avuto un’adeguata diffusione. Per fortuna, giunge puntuale un‘ analisi del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali) L’aggressività cinese nelle rivendicazioni marittime: rischi strategici e impatto sul diritto internazionale di Marco Di Liddo e Francesca Manenti. Nel Mar Cinese Meridionale un gruppo navale cinese ha posizionato una piattaforma petrolifera nelle acque dell’isola di Tri Ton, arcipelago Hoang Sa: piattaforma continentale e Zona Esclusiva Economica del Vietnam. Ma per Pechino l’arcipelago (che chiama Xi Sha) rientra sotto la propria sovranità.cina Di Liddo e Manenti evidenziano come la Cina ha decisamente virato verso una politica assertiva fondata sul “fatto compiuto”. L’azione è una novità nell’area e non lascia presagire nulla di buono per il futuro. Inoltre, mentre Giappone e Filippine (anche loro hanno contenziosi territoriali con la Cina) possono contare sul sostegno militare USA: il Vietnam no. Di fatto Hanoi è l’anello debole della catena – le sue proteste non hanno avuto alcun esito – e questo potrebbe indurre Pechino a continuare. Sempre secondo i due analisti, la politica del fatto compiuto potrebbe portare altri stati con contenziosi territoriali o marittimi a emulare Pechino. Così facendo il ruolo del diritto e delle organizzazioni internazionali sarebbe fortemente ridimensionato e la tutela del principio di libertà dei mari subirebbe un duro colpo. Ricordano, infine, come la politica d’appeasement nei confronti del “fatto compiuto” ha effetti diretti sull’Italia. Perché la vicenda dei marò, che concerne proprio alcune lacunosità del diritto internazionale, ha portato Nuova Delhi a imboccare la strada del “fatto compiuto”.

Tonino Nocera

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