Dall’Africa a Rosarno (RC) fino alle pagine sportive del giornale inglese The Guardian (on line), è la storia della piccola squadra di calcio fondata dal sacerdote della Chiesa di Sant’Antonio Roberto Meduri nella quale militano giocatori provenienti esclusivamente dal Senegal, Costa D’Avorio e Burkina Faso. Un’operazione ben riuscita che ha avuto subito lo scopo di smorzare la tensione creatasi nella zona tra immigrati e residenti e facilitare l’integrazione e la convivenza dopo i tristi eventi del 2010. Il Koa Bosco (Knight of the Altar) regolarmente iscritto ai campionati della FIGC, allenato dal mister Domenico Mammoliti, è anche riuscito ad ottenere buoni risultati sul campo sportivo ottenendo la promozione in seconda categoria e con la sua storia di sport e integrazione ha anche attirato l’attenzione di un campione come Pavel Nedved. L’ex-calciatore bianconero ha invitato il team a visitare lo Juventus Museum celebrando l’occasione con uno scambio di maglie ufficiali. I giocatori sono entusiasti dell’esperienza sportiva che stanno vivendo, con alti e bassi e lamentele arbitrali che si possono riscontrare in tutte le squadre. La loro ha qualche problema economico in quanto beneficia raramente di donazioni finanziarie, pero i locali hanno raccolto coperte e vestiti caldi per i componenti del team, i quali “alloggiano” in dei container siti all’interno di un campeggio. Un messaggio importantissimo è “lanciato” dal capitano della squadra, Yaya Diallo, nell’articolo del giornale inglese. Il calciatore ivoriano infatti cerca di dissuadere quanti vogliano oggi raggiungere le coste calabresi per entrare in una zona d’Europa che, ha suo dire, ha molto poco da offrire. Da queste parti non c’è lavoro, non c’è nulla da fare per cui è meglio rimanere al proprio Paese. Questa l’amara e coscienziosa riflessione del giovane calciatore che si può anche leggere nella dichiarazione rilasciata al giornalista Georgiev Peter.
