Calamizzi

La festa della Graziella era stata bellissima. Nel primo pomeriggio della domenica, ragazzi e giovanotti si erano cimentati sull’albero della cuccagna, non tanto per conquistarne i premi, quanto per pavoneggiarsi con le ragazze del paese, tutte belle e sempre ammirate e corteggiate. Poi la processione era prima scesa verso il basso, raggiungendo la chiesa di Riparo, attraverso l’angusto viottolo che attraversava i giardini dei Vilardi, poi era salita in alto sino alla diramazione per le Pietre di Nava, per ridiscendere sino al bivio con l’Asparella e poi ritornare, finalmente, a sera inoltrata, in Chiesa. Era seguito, nella confluenza tra il vallone Prumo e la via Graziella, il suono della tarantella, cui si erano alternati abili suonatori di organetto e tamburello, con il relativo ballo sino a notte fonda. Alla festa avevamo incontrato compare Lorenzo Sesia, aveva donato, a me ed a suo nipote Lorenzo, cinquanta lire ciascuno, con la raccomandazione di comprarci la “calia”. Noi però avevamo un desiderio da realizzare, per cui impiegammo solo 20 lire ciascuno per la calia, che peraltro dividemmo con tutti gli altri del branco. Le altre 30 lire, ciascuno, le destinammo per l’acquisto, al banco degli utensili da cucina, di due coltellini a serramanico. Li avevamo visti ai più grandicelli, che se ne servivano per sbucciare i frutti e gli ortaggi, raccolti nei giardini, o per realizzare piccoli attrezzi in legno, intagliandolo. Ci sarebbero serviti e li comprammo.

spiaggia Reggio CalabriaOrmai era luglio inoltrato. Le giornate erano splendide e calde. Come ogni anno i più grandicelli organizzavano le puntatine a mare, quello vero, non quello del Consorzio irriguo. La mattina alle nove riempivamo l’autobus già al capolinea, una marea di ragazzi e ragazzini. Scendevamo alla fermata del ponte del Calopinace, prima che l’autobus se ne andasse lungo via san Francesco da Paola. Attraversavamo il ponte verso sud e poi attraverso un sottopasso, scavalcavamo la linea ferroviaria. Eccoci a mare, sulla bellissima spiaggia di Calamizzi. Una siepe di “erba di vento” delimitava la spiaggia dalla strada. Rimanevamo li fino alle 17, poi ci incamminavamo verso la fermata dell’autobus, dove alle 17.20 avremmo ripreso l’autobus per fare ritorno al paese. Il mare era una festa, uno spasso, un divertimento: bagni, tuffi, torri umane, ecc. I nostri genitori non ci davano nulla da mangiare, per evitare che facessimo il bagno durante la digestione. Ci davano solo pochi spiccioli per comprare della frutta al mercatino del sottoargine sinistro. Quel giorno mio fratello Pasquale, aveva visto delle bellissime pesche pasta bianca e ne aveva comprate due. In spiaggia quando fu ora di pranzo, tirò le due pesche dal sacchetto, si ricordò allora che a me la buccia dava fastidio. Si guardò attorno per cercare un pescatore al quale chiedere in prestito un coltello, in quel frangente tirai fuori, dalla tasca dei pantaloni, il coltellino comprato alla Graziella e glielo porsi orgoglioso. Mi guardò ed abbozzò un sorriso. Eh sì era stato un buon investimento quel coltellino.

Enzo Cuzzola

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